Attivare/consolidare reti informali sui territori

Il percorso di ricerca-riflessione

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Il 1 marzo 2023 si è svolto il seminario di avvio del progetto "Attivare/consolidare reti informali nei territori", promosso da Animazione Sociale con il contributo di Fondazione Cariplo. L'obiettivo dell'incontro è stato quello di approfondire alcune esperienze di reti di prossimità al fine di individuare i cinque progetti da analizzare. Il seminario è avvenuto in modalità online.

Riflettere costantemente intorno alle dinamiche di costruzione di reti di prossimità o di reti informali sui territori, finalizzate ad affrontarne le problematiche e a promuovere azioni di solidarietà e inclusione sociale è il metodo attorno al quale abbiamo costruito questo percorso. Si tratta di ragionare come ragionerebbe una redazione, secondo il metodo della rivista promotrice del percorso: un gruppo di persone che lavora stabilmente, a cerchi concentrici di redazioni, al fine di far circolare metodi e idee, spunti per incontri successivi, contenuti e modalità per il proseguo del percorso.

In questo modo diventa possibile fare ricerca e agire allo stesso tempo: ricercare e identificare quelle che possiamo chiamare energie trasformative, nella vita sociale e quotidiana dei territori, delle organizzazioni, nei servizi che generano e producono beni di cura, beni educativi, beni di assistenza e sostegno. Energie trasformative in grado di incidere al livello dei contesti organizzativi e delle istituzioni.

L’espressione «energie trasformative» nasce dall’idea che sia fondamentale ritrovarsi e rintracciare all’interno dei contesti fenomeni di «germinazione», esperienze foriere di speranza nel cambiamento. La germinazione in natura parte da piccoli granelli spesso invisibili, che poi fanno miracolosamente danno vita a piante e alberi. La componente di ricerca all’interno del progetto vuole andare a rintracciare «germinazioni» locali, esperienze nate nei contesti «micro» da piccoli gruppi informali, tenaci, coraggiosi che hanno saputo attivare all’interno del tessuto dei territori processi di trasformazione della vita quotidiana di gruppi, famiglie, scuole, centri diurni, ma anche nei contesti di quartiere, della piazza, dei giardini, senza dimenticare le cooperative: anche all’interno delle esperienze delle imprese sociali oggi è possibile veder germinare nuove esperienze. Una volta individuate, è indispensabile tradurre le esperienze in metodologie, buone prassi, percorsi condivisibili: attraverso questa condivisione si può produrre un sapere culturale diffondibile, narrabile, un patrimonio collettivo per tutti coloro che si occupano di reti di prossimità.

Si percepisce un’urgenza nell’affrontare questo discorso, che nasce dal progressivo impoverimento dei territori, non soltanto economico, ma anche culturale, che arriva a coinvolgere anche i processi educativi dei luoghi che viviamo. Per resistere a questo impoverimento dobbiamo domandarci come possiamo generare beni comuni. Beni comuni simbolici, capaci di costruire nuove narrazioni, di ricostruire il valore aggiunto del sentirsi cittadino, parte inclusa nella società, con l’obiettivo di restituire a tutti una qualità della vita migliorata. Attraverso quali processi è possibile dotare i nostri territori di questi beni comuni?

Quando parliamo di narrazioni, non possiamo scindere il discorso dalla necessità di ragionare anche sui linguaggi utilizzati in queste narrazioni. Attraverso quali parole possiamo raccontare, condividere la costruzione di questi beni comuni? Le espressioni artistiche rinnovate del nostro tempo, le forme culturali, le invenzioni legate al concetto di economia circolare, le nuove e urgenti attenzioni nei confronti della nostra casa comune, le nuove forme dell’abitare le nostre città: sono tutti ascrivibili a beni comuni, in quanto aventi l’obiettivo di rispondere all’esigenza di migliorare la qualità di vita dei territori e delle persone che li abitano.

Proprio perché beni comuni, è necessario inscriverli in una dimensione collettiva, cooperativa, di coralità. Come è possibile oggi, nei territori, costruire coralità in un momento storico in cui molto spesso si sperimenta la fatica dell’unione, della cooperazione, della collaborazione?  Solamente all’interno delle dimensioni dello stare e del fare assieme, del co-costruire, del creare insieme è possibile oggi ridurre la tendenza verso esperienze autocentrate, narcisistiche, che chiudono all’Altro, che non diventano patrimonio collettivo del territorio, che non generano beni comuni.

I luoghi presso cui questi processi generativi prendono vita sono centrali tanto quanto i linguaggi utilizzati: in quali luoghi possiamo costruire coralità, sperimentare riconoscimenti vicendevoli leggeri, in grado di valorizzare le esperienze e di aiutarle a non chiudersi su se stesse? L’attenzione verso l’individuazione e la coltivazione di questi luoghi diviene così centrale, poiché solo in luoghi «fertili» è possibile sperimentare modalità collettive inedite, avventure condivise, partendo da singole reti e gruppalità generose e in grado di moltiplicare le energie trasformative che le alimentano.

Perché queste esperienze feconde, generatrici di cambiamento per tutti gli abitanti di un territorio possano diventare esperienze condivisibili e replicabili secondo le diverse caratteristiche e unicità dei singoli territori, è fondamentale interrogarsi sulla natura delle energie che aiutano a trasformare quei territori, attraverso la riapertura di un dialogo costante tra reti informali, reti formali e reti istituzionali. Come possono mondi spesso non comunicanti tra loro, come quello delle istituzioni pubbliche, degli enti locali, delle cooperative e delle imprese sociali, delle associazioni e dei piccoli gruppi informali, condividere e attivare cooperazioni virtuose? È facile a volte cadere nell’uso, e nell’abuso, di termini depauperati come concertazione, co-programmazione, co-progettazione quando ci si addentra in questo tema: è nostro compito ricercare linguaggi di collaborazione e alleanza reale, sincera, tra organizzazioni e gruppi diversi, tra soggettività diverse. Rivolgendoci ai mondi degli operatori professionali, delle associazioni di volontariato, a una pluralità di organizzazioni riscontriamo l’utilizzo dei termini afferenti al concetto di co-progettazione ma di fatto assistiamo a modalità operative che raccontano mondi ancora chiusi, accartocciati su se stessi nell’affrontare le complessità dei territori in cui operano.

Lo sviluppo e la collaborazione delle reti di prossimità possono realmente svolgere un’azione rivoluzionaria, possono rompere barriere e atteggiamenti di chiusura tra le istituzioni e tra la pluralità di forme aggregative che hanno ormai raggiunto forme istituzionali, forme a volte rigide che non aiutano la circolazione di energie trasformative nei territori. Vogliamo ripensare, immaginare per concretizzare, luoghi e linguaggi nuovi, che oggi sono impensabili ma che esistono già in germe, che sono possibili.

Hanno raccontatto le loro esperienze: Reti QuBì - Cooperativa Equa  Municipio 7 Comune di Milano; la rete Tiki Taka – Equiliberi di Essere Cooperativa Novo Millennio, Monza; Cooperativa Comin, Milano; Punti Comunità, Brescia; Natur&-onlus, Seveso; l'esperienza dell'Associazione La Colombina e della Cooperativa sociale La Vecchia Quercia di Lecco; l'esperienza "La Casa del Cuore" di Bozzolo (Va);  il progetto Officina Sociale della Cooperativa sociale Cauto di Brescia;  Progetto Solidando, IBVA, Bonola (MI)

Ciascun referente ha raccontato i tratti significativi e salienti della propria costruzione di reti di prossimità, individuando gli aspetti metodologici, gli aspetti organizzativi, la costruzione di gruppi informali nei territori, gli obiettivi legati al benessere locale, gli attori sociali coinvolti, gli esiti del percorsi e ulteriori elementi di miglioramento del progetto.
Al termine del seminario si è concordata una matrice di analisi/intervista dedicata per ciascuna esperienza e sono presi gli accordi per avviare i laboratori di analisi delle esperienze.


Allegati

Report seminario 1 marzo 2023 [PDF]

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