Un progetto della rivista sostenuto da Fondazione Cariplo

Reti informali, fabbrica di benessere comunitario

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È tempo di investire in "energie di legame" tra le persone
In questo passaggio d’epoca, da più parti, si raccomanda che il grande investimento va fatto nei territori e nella cura della loro infrastruttura sociale e relazionale.
Viviamo infatti in società che, già da tempo, sia gli istituti di ricerca sia gli operatori sociali raccontano solcate da solitudini e fragilità che pongono inediti bisogni sociorelazionali oltre che economici. L’avvento della pandemia, stressando i tessuti sociali, non ha fatto che acuire distanze e disuguaglianze.
Di fronte a una fragilità sociale mai così pervasiva, si tratta di investire con più forza – in termini di pensiero e di risorse – su tutto ciò che nei territori può attivare “energie di legame” tra le persone e rendere possibile la loro partecipazione alla vita della società, il loro sentirsi parte e prendere parte. Perché nel chiuso della solitudine e dell’isolamento le difficoltà di singoli, famiglie e gruppi finiscono per esasperarsi. Per contro, è il sociale l’ossigeno delle vite individuali.
Oggi è sempre più evidente il fatto che le reti istituzionali di Welfare locale da sole non riescono a far fronte alla complessità dei problemi sociali. È necessario promuovere l’attivazione dei cittadini e creare connessioni tra “abitanti” di un quartiere per mobilitare risorse sopite di un territorio. Spesso però all’interno di processi di co-progettazione sono proprio queste esperienze di “cittadinanza attiva” a non essere riconosciute e apprezzate. Nei diversi “tavoli” di programmazione le reti di prossimità non sono valorizzate come “azioni sociali virtuose” perché prevalgono tecnicalità, formalità e gerarchie.

Perché è importante prendersi cura della "vita tra le case"
A partire da questa premessa, si capisce come oggi assumano particolare rilevanza tutte quelle esperienze che localmente già si dedicano a mobilitare “anticorpi di comunità” e reti di prossimità, dando respiro alle vite delle persone e dei contesti. Queste iniziative, volte ad attivare/consolidare reti informali nei territori, sono oggi una fonte necessaria di energie di benessere sociale.
Sono esperienze che indicano una prospettiva di lavoro generativa per la nostra società. Ci mostrano come oggi sia cruciale - per chi ha a cuore le sorti di una buona convivenza, una convivenza “democratica” - prendersi cura della “vita tra le case”, allestire occasioni di conoscenza e riconoscimento nei quartieri, far sì che non venga mai meno quel “welfare degli incontri e delle chiacchiere” nei contesti di vita.
Sono iniziative che assumono e affrontano i problemi con cui ogni società localmente si misura: la solitudine e l’isolamento di persone fragili (anziani fragili, famiglie alle prese con la disabilità di un figlio/a…), la povertà nelle sue varie forme (educativa, alimentare, economica, abitativa, sanitaria…), la difficile integrazione sociale di vaste fasce di giovani, la mancanza di opportunità espressive e culturali…
Potremmo definirle esperienze di animazione sociale e culturale, che sono lievito di comunità e di cittadinanza. Iniziative che favoriscono il coinvolgimento e la partecipazione delle persone alla vita di quartiere, che stimolano il senso di appartenenza al territorio, che mobilitano forme di mutualismo e “solidarietà di borgo” che si pensavano
dimenticate.

Il futuro dipenderà dalla salvaguardia delle risorse non solo ecologiche ma sociali
Come rivista riteniamo importante oggi esplorare con attenzione questi esperimenti, più o meno spontanei, più o meno progettati. Perché il sapere che le rende possibili è spesso implicito, custodito nelle soggettività di chi le realizza e nelle pratiche in cui si concretizzano. Ed è un sapere che va oggi “estratto dai luoghi” in cui è depositato, setacciato, concettualizzato e messo in circolo. Perché è un sapere di cui questa società ha bisogno per costruire il suo futuro: futuro che dipenderà dalla salvaguardia delle risorse non solo ecologiche ma anche sociali.
Queste esperienze che nascono dal basso, in sinergia con realtà del Terzo settore, istituzioni locali, gruppi di cittadini, hanno in sé il sapere del futuro. Documentarle è il primo passo per non disperderle, per dare visibilità alla forza generativa che persiste malgrado tutto nelle pieghe della società. Una vitalità spesso poco raccontata, a favore di narrazioni più pessimistiche che disegnano il futuro come minaccia perché muovono da un presente raccontato sempre come disperante. Documentare il positivo può dischiudere quindi un inedito senso di possibilità.
Queste esperienze costituiscono quella che si può definire una “fabbrica informale” di benessere sociale, che si affianca a quella che siamo abituati a ritenere la “fabbrica formale”, ossia la rete dei servizi educativi, socioassistenziali e sociosanitari del sistema del welfare. Entrambe le reti sono produttrici di benessere comunitario. È importante riconoscerle per capire come possono interagire. Perché l’infrastruttura sociale e relazionale di un territorio è tanto più viva e capace di esprimere cura e protezione, quanto più i due poli sono capaci di cooperare, valorizzarsi e arricchirsi reciprocamente.

Dissodare saperi utili ad alimentare altre esperienze in altri territori
Per poter documentare queste esperienze, si tratta di attraversarle, di entrarci dentro. Attraversarle per coglierne le scommesse, i modi in cui si generano, i processi con cui si costruiscono, le condizioni locali che le rendono possibili. Solo attraversando riflessivamente le esperienze, il sapere istituente che le anima può diventare grammatica per l’azione in altri territori.
Il lavoro di documentazione e attraversamento delle esperienze chiede di incontrare i soggetti che le hanno costruite, di farsi raccontare premesse e ipotesi, scommesse e preoccupazioni. Chiede di accompagnarli a scrivere identificando i punti e gli snodi da mettere particolarmente sotto osservazione. Perché non è facile fissare un sapere che è sempre in azione, che nasce negli scambi e nell’informalità, e che spesso non si attribuisce neanche dignità di sapere.
Come rivista Animazione Sociale, metteremo a disposizione nel 2023 le nostre competenze di rielaborazione per documentare, attraversare e narrare/far narrare queste esperienze legate all’attivazione di reti di prossimità nei territori.

Grazie alla Fondazione Cariplo per il sostegno dato a questo progetto di ricerca e documentazione, che verrà diffuso alla comunità dei professionisti sociali attraverso le pagine della rivista e un convegno conclusivo.

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