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Passata la tempesta resterà la consapevolezza - Apprendimenti in una quotidianità reinventata

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La comunità è una casa, e come in tutte le case da qualche settimana è arrivata anche qui la fatica di affrontare questa grande e spaventosa emergenza sanitaria.

La nostra casa è un po' diversa dalle altre, infatti condividiamo una quotidianità fatta di orari, di pasti insieme, di progetti educativi, di obiettivi da raggiungere, di Servizi con cui collaborare costantemente. Condividiamo anche giornate storte, di contenimento della rabbia, di contatto con le emozioni e con vissuti troppo spesso molto pesanti di 8 ragazzi adolescenti.

In questo momento è tutto più difficile, sei obbligato a fermare il corpo ma i pensieri continuano a correre e ognuno dei ragazzi della nostra comunità ha questioni irrisolte, sospese, senza risposta.
 

Nella "normalità" li incoraggiamo a impegnare il tempo in modo costruttivo, a non fermarsi davanti alle difficoltà, a conoscere e assaporare gradualmente l'autonomia, ma in questo periodo non si può, e anche per noi educatori è difficile cambiare completamente paradigma: da fuori a dentro.

Spiegare ai ragazzi che fino al giorno prima la cosa più importante era andare fuori, muoversi nel mondo in modo onesto e trasparente, trovare un posto nella società, andare a scuola e ai tirocini anche quando non se ne ha voglia, e da un giorno all'altro trovarsi a dire che bisogna stare in casa, che la scuola è sospesa, al tirocinio non si può più andare, che non è sicuro stare fuori, che bisogna proteggersi.

È stato difficile per noi dirlo, ancor più vedere le loro facce preoccupate e perplesse.
 

Da qui è iniziato un momento di silenzio anche tra di noi, per cercare un nuovo equilibrio, con una voce volevamo tranquillizzarli, farli sentire al sicuro, e con la stessa voce volevamo far capire loro l'entità di quanto sta accadendo fuori dalla nostra casa. Tante domande che ci siamo posti: come contenerli senza poterli abbracciare? Come farli sentire sicuri chiedendo loro di mantenere le distanze anche da noi, anche da loro? Come mantenere una regolarità negli orari senza tutti i nostri riti quotidiani?

Qualche giorno di nebbia, e poi siamo ripartiti!

Siamo partiti dalle nostre certezze: i ragazzi e il loro benessere prima di tutto, loro sanno di che cosa hanno bisogno per farcela: tanta elasticità.

I ragazzi ci hanno messo qualche giorno ad ambientarsi in questa nuova routine fatta di un contatto molto più ravvicinato e molto più distante, di spazi grandi ma condivisi per troppo tempo, la mancanza di momenti in cui poter stare soli, tanto tempo da riempire e poca voglia di farlo.
 

Dire che questo periodo è fatto solo di cose difficili sarebbe falso però. Grazie alla tenacia e alla forza di volontà di noi educatori e dei ragazzi abbiamo avuto il coraggio di rimetterci in gioco, di reinventarci. Abbiamo cambiato il colore delle pareti creando arcobaleni carichi di speranza, imparato a cucinare ciò che di solito acquistavamo, abbiamo costruito campi da calcio e da pallavolo dove non c'erano.

I ragazzi hanno riempito le camere di disegni che raccontano come si sentono, hanno imparato a litigare e chiarirsi e litigare di nuovo e chiarirsi ancora una volta, hanno imparato a capire dall'espressione del viso del loro compagno di camera quando è meglio tacere e aspettare qualche minuto prima di fare una battuta, hanno imparato che anche gli educatori a casa hanno qualcuno per cui sono preoccupati e a volte perdono la pazienza, ma poi tornano quelli di sempre.

Passata la tempesta ci resterà la consapevolezza di quante risorse ognuno di noi ha scoperto di avere e ha saputo mettere in gioco, e la soddisfazione di aver saputo creare una piccola isola in cui ci si sente al sicuro anche quando tutto il mondo è in difficoltà.



 

 
  

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