Animazione Sociale

nr 377

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Editoriale

La cura dello sguardo

Perché interrogarsi sullo sguardo - ossia su come guardiamo l’altro, le situazioni - è una questione rilevante per un assistente sociale, un’educatrice, un insegnante, una psicologa, chiunque lavori con l’umano? Perché la cura dello sguardo è forse la prima attenzione a cui siamo chiamati come professioniste/i delle relazioni?

La risposta, folgorante, ce la offre Fernando Pessoa ne Il libro dell’inquietudine: perché «ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo» (O que vemos não é o que vemos, senão o que somos). Nell’altro, cioè, rischiamo costantemente di proiettare noi stessi, riducendolo alle nostre precomprensioni, non conoscendo quindi in fondo nulla di lui/lei.

Il nostro sguardo ha un ruolo nella costruzione (o demolizione) della soggettività dell’altro. Il nostro sguardo ha un potere disciplinare nel senso che può ricondurre l’altro a schemi che sono i nostri ma non sono i suoi e in ogni caso non ci raccontano nulla di lui e di quello che possiamo fare insieme.

La cura dello sguardo è un filo rosso
che percorre questo numero.

Del potere disciplinare dello sguardo era consapevole Franco Basaglia, la cui rivoluzione nasce proprio dalla volontà di resistere a uno sguardo che oggettiva l’altro, ri(con)ducendolo alle nostre categorie, senza incontrarlo su un piano relazionale-esistenziale.

Le categorie con cui pretendiamo di esaurire la conoscenza dell’altro possono essere tanto quelle del senso comune (per cui finiamo per etichettare come «anormale» ciò che si discosta dalla prevedibilità di aspettative e comportamenti) quanto quelle della classificazione diagnostica (per cui ogni aspetto dell’altro - i suoi atteggiamenti, il suo stare al mondo - viene spiegato alla luce dell’etichetta che gli viene appiccicata). Ma cosa sappiamo realmente dell’altro quando conosciamo la sua etichetta?

Aver cura dello sguardo significa allora guardare i nostri occhi. Che, se sono stanchi, faticano a incontrare il nuovo nelle situazioni, l’alterità negli altri, perché nelle situazioni e negli altri proiettano il riflesso della propria stanchezza. Che, se sono pigri, pretendono di vedere già tutto immediatamente, come se la realtà potesse essere afferrabile a prima vista, e dunque pretendono di sapere senza conoscere. Che, se sono ingenui, restano chiusi nello schema soggetto-oggetto, come se la realtà fosse lì davanti a noi, ignorando che nella realtà noi siamo implicati e che la riflessività delle nostre professioni sociali, educative, di cura muove proprio da questa consapevolezza.

Se dunque da una parte è vero che il mondo è ciò che noi vediamo, dall’altra è altresì vero che dobbiamo imparare a vederlo. Uscendo dal narcisismo di ogni visione, che nel pensare di vedere l’altro vede ancora e sempre se stessa.

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Indice del numero

editoriale ~ p. 1
La cura dello sguardo

#vignetta ~ p. 5
Giù un diritto, giù tutti
by Mauro Biani

sguardi ~ p. 6
Lessico poetico per abitare questo tempo
In cerca di parole che ci riposizionino oggi nel nostro rapporto con il mondo
Incontro con Gianluigi Gherzi, a cura di Rosita Mercatante e Roberto Camarlinghi

il caso della disabilità ~ p. 21
Come guarda un educatore
Se educare è anzitutto una questione di sguardo
di Paolo Pantrini

metodi ~ p. 32
Come attivare percorsi di partecipazione
Tecniche di collaborazione/1: Participation Framework
di Ennio Ripamonti e Davide Boniforti

viaggi diari libri foto ~ pp. 43-53
Il pane dimenticato nel congelatore Pino Di Leone
Formare formatori nelle realtà di volontariato Fabio Casna
Impariamo a dimorare nell’inaspettato Animazione Sociale
C’è da scongiurare la sesta estinzione testo di Elizabeth Kolbert, illustrazione di Guido Scarabottolo

Focus ~ pp. 55 / 96
Educare in strada con adolescenti e giovani
Perché le città hanno bisogno del lavoro educativo di strada
A cura di Piergiorgio Reggio
Testi di Piergiorgio Reggio, Francesco, Maffeis, Arianna Boroni, Samuele Piazzi, Ferdinando Borelli, Stefano, Pirazzoli, équipe di educativa di strada dei Comuni di Bergamo, Parma, Pesaro e Trento

Origini e sviluppi del lavoro educativo di strada
Una storia di sperimentazioni e apprendimenti

Fare oggi educazione di strada nelle città
Un lavoro sociale, culturale e politico

Esserci negli spazi contesi tra giovani e adulti
Il progetto «Giovani Onde» alle piscine comunali di Bergamo

Le competenze di una équipe di strada
L’esperienza della cooperativa sociale Labirinto a Pesaro

Per un manifesto dell’educativa di strada
Educare ovunque e con chiunque

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