Animazione Sociale

nr 376

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Editoriale

Le due narrazioni che si contendono il futuro

«Alla fine il mondo è narrazione e noi le piante ce le siamo sempre raccontate come se fossero la “carta da parati del mondo”. Questo tipo di narrazione contribuisce a spiegare perché ancora oggi non sappiamo bene come prendercene cura». 

Ci ha colpito questo passaggio dell’intervista a Alessandra Viola che apre il  numero di rivista. Perché esprime bene il potere che hanno le narrazioni in cui siamo immersi: narrazioni che non sempre scegliamo, di cui spesso siamo anzi marionette inconsapevoli dentro i teatri quotidiani della nostra vita. Perché le narrazioni condizionano i nostri pensieri, atteggiamenti e comportamenti in ogni istante delle nostre giornate.

Se il mondo è narrazione, cambiare
narrazione può cambiare il mondo?

Se ci raccontiamo le piante come mero ornamento estetico, finiamo per assegnare loro uno status di realtà diminuito che ci fa sentire legittimati a mal-trattarle (tagliarle, bruciarle, non innaffiarle, calpestarle...). Questa narrazione del mondo vegetale è ancora oggi difficile da scalfire perché collude con la nostra presunzione antropocentrica, ossia l’idea che noi umani saremmo la specie più evoluta e come tali i legittimi dominatori del mondo. Non è così, semplicemente perché, come Viola ben racconta, non si dà vita sul pianeta Terra senza le piante e il loro ruolo ecosistemico è incomparabilmente più grande e utile del nostro.

 Questo discorso sul potere delle narrazioni non vale solo per le piante, evidentemente. Vale anche per l’umano. A seconda di come ci raccontiamo l’altro, e prim’ancora di come ci viene raccontato (i meccanismi di formazione del pensiero e della sensibilità oggi sono all’opera h24 sugli schermi che teniamo in mano), gli riconosceremo o no dignità, proveremo empatia positiva o negativa. Pensiamo ai migranti, ai poveri, alle minoranze di ogni tipo: nella narrazione mainstream sono ridotti a fastidio, a minaccia, come tali sacrificabili, o semplicemente ignorabili, cose su cui non val la pena neppure posare lo sguardo, figurarsi provar compassione per i loro patimenti, tanto meno alleviare le loro difficoltà. La loro vita è destituita di valore. 

Tornano alla mente le parole con cui Carlo Galli ha descritto l’inumano: l’inumano – dice – è «il presentarsi attuale della possibilità che l’uomo sia nulla per l’altro uomo, ossia che l’uomo consideri nulla l’altro uomo»: la rottura irreparabile del meccanismo del «riconoscimento» all’interno del genere umano. 

Ci sono oggi due grandi narrazioni che si contendono il tempo: quella che racconta la nostra vita come parte del tutto, e che alimenta cura; quella che pone la nostra vita sopra il resto, e che produce indifferenza. Vale per le piante, gli animali, gli umani. Malgrado tutto, la partita è aperta. 

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Indice del numero

editoriale ~ p. 1
Le due narrazioni che si contendono il futuro

#vignetta ~ p. 5
Siamo tutti coinvolti

by Mauro Biani

oltre la «cecità vegetale» ~ p. 6
Se le piante sono il nostro paese d’origine

Educarsi oggi a una relazione profonda con il mondo vegetale
Intervista a Alessandra Viola a cura di Roberto Camarlinghi

pedagogia dei diritti ~ p. 17
Se anche le/gli adolescenti dicono: «Niente su di noi senza di noi»

Parlare di adolescenza senza adolescenti?
di Paolo De Stefani

graphic novel ~ p. 27
Il gioco dell’oca
Storie di crescita e migrazione
di Sarah Walker, Antonio Mirizzi, Chiara Suanno

l’età fragile ~ p. 45
Se l’adolescenza porta con sé l’ombra del suicidio

Sei tracce pedagogiche per fare del vuoto l’aperto
di Ivo Lizzola

i diari ~ pp. 52 / 61
L’educatore ai domiciliari
  Sabrina Dore
Raccontiamo di più il nostro lavoro Valerio Passerotti e Rosanna Santoro
«Tutto ciò che noi diciamo è: date una possibilità alla pace» testo di John Lennon, copertina di Anna Curti

Focus ~ pp. 62 / 94
COME UN SERVIZIO SOCIALE SI RI-ORGANIZZA IN OTTICA DI COMUNITA'

Imparare a muoversi lungo due grandi direttrici: rafforzare il lavoro tra professioni e i legami con la comunità
A cura del Servizio sociale dei Comuni dell’ambito territoriale «Sile e Meduna» (Pn)

Tutto inizia da un grande armadio verde
Come nasce la ri-organizzazione del Servizio sociale

Essere servizio sociale di comunità
Un territorio esiste se pensato insieme

Il servizio sociale è un intreccio di professioni e saperi
Se l’assetto organizzativo favorisce l’ibridazione reciproca

Saper evolvere con la storia di un territorio
Come cambia la postura di un servizio sociale di comunità

Indice ~ pp. 95 / 97
Indice degli autori e delle autrici 2024

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