Animazione Sociale

nr 369

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Editoriale

Educarsi alla pace

Sono tempi di guerra, urge educarsi alla pace. Pace, parola all’apparenza pacificata e pacificante, in realtà l’etimologia ne mostra la tensione costitutiva.

Pace deriva da pactum: patto, accordo. La pace è questo: un patto, una negoziazione. Capiamo allora come la pace sia una dimensione provvisoria, di raggiungimento di un punto di equilibrio tra diverse forze in campo. La pace è esito di un processo che prevede il conflitto e la capacità di gestirlo, un conflitto tra differenze che fanno parte costitutiva del vivere e convivere. Ognuno di noi è infatti portatore di una diversità rispetto agli altri, ma queste diversità non devono tramutarsi in avversità, ma diventare capaci di vivere insieme, di contaminarsi, di armonizzarsi.

Perché la pace sia duratura richiede uomini e donne capaci di attraversare il conflitto senza farlo diventare guerra. Saper gestire il conflitto è la condizione fondamentale per essere persone paci-fiche, ossia che sanno come si fa pace, come si crea una dimensione di pace. La pace si fa, ed è un da farsi continuo. La pace è un processo, mai uno stato definitivo. è un’arte difficile. Certo non l’apprendiamo dai social, sempre più «stanze dell’eco», dove sentiamo solo la nostra voce riflessa in quella degli altri, e dove non c’è spazio per il dissenso, ma solo per la conferma di quello che sappiamo e crediamo già.

Pace deriva da pactum. La pace
si fa, ed è un da farsi continuo.

Quest’arte la possiamo apprendere imparando a discutere, a riconoscere l’altro come portatore di un punto di vista che può integrare, non solo disturbare il mio. Per dire, Franco Basaglia, nelle famose assemblee in cui finalmente si dava cittadinanza di parola agli internati dei manicomi, voleva che ci fosse sempre qualcuno che portasse una voce dissonante. Perché riteneva che l’istituzione totale cominciasse non appena si affermava come vero un solo punto di vista, magari quello di chi aveva più potere, in quel caso il medico.

Imparare a discutere, a confrontarsi. Sapendo che non c’è solo il diritto alla parola, c’è anche il dovere dell’ascolto. E poi c’è il diritto di riprendere la parola che sarà una parola arricchita dalla parola dell’altro, che mi ha svelato un altro punto di vista. E ringraziarlo perché mi ha allargato la visione. E accorgersi che insieme stiamo producendo conoscenza.

Convergere su qualcosa, individuare un terreno comune, sul quale cooperare. Perché la pace sa che non è vero che la mia libertà finisce dove inizia quella dell’altro, ma nasce solamente dalla nostra relazione pacifica e cooperativa. Alla pace è dedicata la copertina di questo numero (e pagina 51).

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Indice del numero

editoriale ~ p. 1
Educarsi alla pace

#vignetta ~ p. 5
Basaglia tra 100 anni magari

by Mauro Biani

il metodo della partecipazione ~ p. 6
La costruzione di un piano sociale della città

Pensare insieme il benessere e la coesione di una città
Intervista a Barbara Funari a cura di Animazione Sociale

l’inclusione a scuola ~ p. 18
Se i «diversi» tornano a fare problema

Le criticità che assediano la scuola inclusiva oggi
di Matteo Schianchi

l’età anziana ~ p. 31
Animare il sociale in una Rsa

Cosa può fare un servizio di animazione in spazi improntati a logiche ospedaliere?
di Tiziana Gualandi

diari dell’operatore ~ pp. 40 / 51
- Cosa ce ne facciamo delle storie di vita che incontriamo? di Stefano Bonfanti
- Intanto vado a vivere da solo di Alberto Bonesso, Sara Corazzin
- Per portare la pace occorre essere pace testo di Thich Nhat Hanh, immagine di Joanna Meg Kennedy

Focus ~ pp. 52 / 96
Attivare/consolidare reti di prossimità nei territori

Viaggio/inchiesta nelle esperienze di Rete TikiTaka (Monza Brianza), Solidando (Milano) e Cauto (Brescia) 
a cura di Animazione Sociale
- La forza generativa delle reti sociali 
  Laboratorio di convivenza per tutti
- Radicare nella comunità il welfare a sostegno della disabilità 
 La Rete TikiTaka nel territorio di Monza e Brianza
- Reti che emancipano dalla povertà alimentare 
 Il ruolo trasformativo di Solidando, social market a Milano
- La tenuta delle reti passa da tecnici della coesione sociale
 Il modello del Banco di comunità della cooperativa sociale Cauto (Brescia)

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