Animazione Sociale

nr 346

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editoriale

Le città sono tessuti emotivi

Qual è il clima emotivo che si respira in un caseggiato, in una via, in un quartiere? è una domanda che come operatori sociali spesso ci poniamo. Quando interveniamo in un ambiente di vita delle persone, la prima informazione ce la fornisce la nostra percezione. Possono essere luoghi freddi e ostili, intrisi di sfiducia, rabbia, rassegnazione. O luoghi caldi e accoglienti, animati da interesse, speranza, fiducia.

Là dove la politica
abbandona i territori,
cresce la rabbia della gente.

Il clima emotivo di un luogo ci offre molte informazioni su quel luogo stesso. Le emozioni sono infatti atteggiamenti o risposte a una situazione o a un fatto oggettivo. Se quel luogo è segnato da abbandono, povertà, incuria, questa situazione si riverberà nell’interiorità dei suoi abitanti diventando emozione negativa. Viceversa, se quell’ambiente è curato, denso di legami e opportunità, lì si respirerà fiducia e senso di comunità.

Le emozioni dunque contano e raccontano. Per questo vanno ascoltate: perché oltre a dirci del presente offrono anticipazioni del futuro. Se in un territorio cova rabbia, quella rabbia prima o poi esploderà, producendo conseguenze drammatiche. Quante volte sentiamo dire, di fronte a scoppi di violenza improvvisi, «chi l’avrebbe mai detto?». E poi se si scava appena, vengono a galla indizi sottovalutati, segnalazioni cadute nel vuoto.

Come operatori sociali che conosciamo gli interni delle case, gli angoli delle strade, le vie dei quartieri – la grande scena del sociale insomma – abbiamo antenne emotive sviluppate e soprattutto siamo capaci di parlare la lingua delle emozioni. Che è il linguaggio della prossimità, dell’empatia, del contatto profondo con la sofferenza sociale e con i desideri di felicità delle persone. E, non sorprenda, dei diritti.

Perché se leggiamo le emozioni come il riverbero del «fuori» nel «dentro», le emozioni negative sono tante volte il segno di una assenza di diritti. Là dove infatti la politica abbandona i territori, cresce la rabbia della gente, come mostra bene la rubrica «Sguardi» di questo numero. Per questo oggi è tempo di far più spazio alle emozioni nel nostro lavoro. Perché il cambiamento parte anche da qui.

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Indice del numero

editoriale
Le città sono tessuti emotivi

#vignetta
L’Italia è un Paese fondato sui lavoretti

by Mauro Biani

giustizia spaziale
Per una città «del quarto d’ora»

Investire sul quartiere come bene abitabile da tutti
intervista a Claudio Calvaresi a cura di Nicola Basile 

soste riflessive
Nuvole di parole per dire oggi cos’è educare

Uno sguardo da educatori di comunità
a cura di Area giovani e sviluppo di comunità della cooperativa Itaca

sguardi
Dialogare con la città della rabbia

a cura di Animazione Sociale
* Oggi la rabbia è sfogo, non motore di cambiamento
  di Nadia Conticelli
* La rabbia dei dimenticati delle periferie
  di Goffredo Buccini
* La rabbia sociale è una palla di fuoco che preme sul petto
 
 di Paolo Di Paolo
* Il lavoro sociale sa dialogare con la città della rabbia?
  di Andrea Morniroli

r-esistere adolescenti
Una jam session dedicata al conformismo

Linguaggi&tecniche/7: la jam session con adolescenti in crisi (seconda parte)
di Davide Fant

viaggi diari libri foto
* Educatore, conosci te stesso
  
di Italo Patella
* La pagina bianca di Matteo
 
 di Damiano Bucci 
* Il problema non è la Dad, ma la disuguaglianza
  di Ada Boffa 
* Servizi sociali o socio-digitali? 
   di Davide Pizzi 
* Il ciclista è l’artista della città
 
 testo di David Le Breton, immagine di Engin Akyurt

focus
Le fragilità chiedono oggi di mettere in gioco il sapere e il potere di tutti

di Michele Marmo, Mario Pollo, Ivo Lizzola
* Un operatore riflessivo radicato nel territorio
* L’energia per essere tutti progettuali
* L’attesa paziente e sollecita che la vita trovi la sua strada

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